Libri da leggere e libri da non leggere

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I consigli di lettura si sprecano. Sono qualcosa che chi ama leggere dispensa a piene mani, spesso senza che gli sia richiesto. Se un romanzo ti ha appassionato, vuoi fare come regalo alle persone care questa tua scoperta. Se un saggio ti ha interessato profondamente vuoi renderne partecipi gli altri.

Ma ciò che si fa meno spesso, restando in tema, è lo sconsigliare di leggere certi libri.

Ci sono libri che devono essere letti assolutamente. Altri libri, invece, che ci fanno solo perdere tempo. E il tempo è prezioso.

Io ho un problema, che, ho scoperto, è comune a molti lettori: ho difficoltà ad abbandonare il libro che sto leggendo, quando non mi piace. Mi sembra di fare un torto a me stesso, di perdere qualcosa. Masochismo? Forse. Ma a volte è anche il nome dell’autore, che mi rende impossibile il lasciar perdere la lettura. E’ come se dentro di me dicessi: è un grande scrittore, sicuramente c’è del buono in questo romanzo, o almeno ci sarà, prima o poi. E’ quasi una questione di rispetto nei suoi confronti.

I grandi autori possono “toppare”?

Detto tutto questo, ho finito di leggere qualche giorno fa Non lasciarmi, di Ishiguro (Nobel nel 2017). Ho deciso di leggerlo, e senza nessuna esitazione, memore della fragile e tranquilla bellezza di Quel che resta del giorno. Sbagliavo.

L’idea alla base è buona (chiaramente non anticipo nulla). Ma, mi dispiace dirlo, la scrittura appare spesso quasi dilettantesca: la storia è costruita come il giustapporsi di piccoli episodi, in buona parte ripetitivi nel messaggio o nel significato, che cercano di costruire il filo di una narrazione che invece rimane sempre debolissimo, e che molte volte sembrano messi lì più per “fare pagine” che per portare avanti il racconto. Le reazioni dei personaggi sono spesso scontate, come quasi sempre sono scontate le parole utilizzate per descriverle. Se avessi la responsabilità di giudicare se un libro così vada pubblicato o no, avrei dei forti dubbi (spero di non apparire spocchioso).

Ho avuto quasi sempre l’impressione che il romanzo fosse scritto da un adolescente alle prime armi. La scrittura è a tal punto da principiante che mi sono chiesto se non sia un effetto voluto da Ishiguro, per dare al romanzo l’apparenza di un racconto di una persona “normale”, come è la normale la protagonista pur nella sua specificità (non voglio anticipare niente).

Certo, in parte esagero, perché la scelta delle parole è chirurgica e originale; ma l’insieme è comunque pesante e ridondante. Giusto per farmi capire, su 250 pagine di romanzo, le prime 100 si possono quasi saltare, o leggere a salti senza perdere il filo (cosa che ogni tanto ho fatto, e anche nelle pagine seguenti).

Leggerlo o non leggerlo?

E allora, consiglio comunque di leggerlo o invece lo sconsiglio? Bella domanda, anche perché ho letto, invece, diversi commenti entusiastici sul romanzo, e d’altronde nel 2010 è stato pure fatto un film. Poi, Ishiguro scrive un libro ogni cinque anni, non è uno scrittore seriale, quindi un po’ di credito bisogna pur darglielo, sicuramente il romanzo è stato ragionato a lungo.

Credo che se avessi saputo prima di che cosa si trattava non lo avrei letto. Quindi, non mi sento di raccomandarlo. Leggetelo, se comunque sono riuscito a interessarvi, e magari fatemi sapere nei commenti che cosa ne pensate; ma non fa per me.

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Apprezzo molto chi è sincero e non si tira indietro nel dire la sua anche di fronte a nomi altisonanti. Quello che ho letto di Ishiguro finora mi è piaciuto; proverò a leggere questo, per vedere se anch’io mi ritrovo nel tuo stesso “inciampo”…. grazie per l’onestà!!

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    1. carlomocci ha detto:

      Fammi sapere, mi interessa molto il tuo parere

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