Perché secondo me l’editoria a pagamento nuoce innanzitutto a chi scrive (e perché il self publishing forse no)

Scrivere bene è difficile. Sono convinto che occorra talento, e ancor di più lavoro. Edison (sì, è vero, non era uno scrittore, ma è stato pur sempre un genio e sapeva di che cosa parlava) sosteneva che il genio è 1% ispirazione e 99% traspirazione, ovvero sudore, fatica, impegno. Credo che valga anche per la scrittura.
Voglio fare un esempio sia pure poco originale, ovvero paragonare lo scrittore a un atleta. Per avere risultati di rilievo (nel caso dello scrittore la pubblicazione e una certa notorietà) bisogna darsi da fare, allenarsi, porsi dei traguardi e faticare per raggiungerli. I grandi atleti sono tali non solo perché ci sono nati, ma anche perché hanno la capacità di coltivare il talento, di allenarlo con disciplina e rigore, di non arrendersi mai, neanche quando tutto sembra congiurare contro di loro.
Scusate la lunga premessa, ma mi serve per introdurre una mia convinzione: la pubblicazione a pagamento fa del male innanzitutto a chi scrive. Sì, perché di fatto gli impedisce di migliorare, lo droga, e alla lunga lo sfianca e lo porta ad abbandonare. Un po’ come un atleta che corresse solo e sempre gare amatoriali di categorie inferiori e comprasse la partecipazione, invece che conquistarla con il proprio record personale.
In definitiva, infatti, quali dovrebbero essere i vantaggi di pubblicare a pagamento? Provo a elencare i più verosimili, e a discuterli.

1. Guadagno. Stiamo dicendo che, una volta pubblicato un romanzo, l’autore avrà la possibilità di farci sopra chissà che guadagni. Dimenticando che in Italia gli scrittori che riescono a vivere della propria scrittura, o che comunque ne hanno introiti consistenti, sono veramente pochissimi, e tutti a contratto delle case editrici principali, in grado di garantire sostegno pubblicitario e editoriale. Figurarsi quali possono essere le possibilità di un autore che ha pagato per pubblicare e esce con un libro stampato da una casa editrice che in realtà è a volte nemmeno una tipografia, senza una distribuzione seria, un peso adeguato nella promozione, e innanzitutto la volontà e l’interesse di promuovere libri seri. Credo che questa motivazione sia senza speranza.
2. Fama, notorietà. Valgono sostanzialmente le considerazioni del punto sopra. Avere fama con uno che si limita a stampare cento o duecento copie del tuo libro, incassare e sparire, mi sembra velleitario, come minimo.
3. Soddisfazione personale. Bene, questa è la motivazione che capisco meno di tutte. Che soddisfazione ci può essere a vedere il proprio nome su una copertina dopo avere pagato per averlo? Sarebbe come andare con una prostituta e sentirsi un latin lover.

Tutto questo, passato il cieco entusiasmo iniziale (per così dire), non può che sfiancare lo scrittore, oltre ad alleggerirlo di un bel po’ di denaro. Lo sfianca perché prima lo illude (“un bel romanzo, ma visti i tempi difficili le chiediamo, se ci crede, di condividere con noi i costi ecc ecc.”), poi lo mette di fronte alla realtà. Magari ha talento, ma ha bisogno di coltivare questo talento leggendo e scrivendo, non pubblicando. E magari alla fine purtroppo si scoraggia e abbandona.
Discorso lievemente diverso per il self-publishing. Certo, anche lì la scelta non è fatta da un editore, però almeno la valutazione è fatta tutta dall’autore, che oltretutto (almeno per gl e-book) non deve nemmeno spendere, ma può provare a “vedere l’effetto che fa” buttando sul mercato una propria opera. E se le cose dovessero andare male, non c’è demotivazione, perché a monte non ci sono state illusioni alimentate ad arte con la vanità. Anzi, molti di coloro che si autopubblicano per esempio su Amazon nel tempo rivedono il libro, ci lavorano, lo migliorano, cosa che con un editore a pagamento non avrebbe alcun senso.
E allora? E allora, niente. La pubblicazione, per come la vedo io, non deve diventare un’ossessione. Bisogna lavorare sulla propria scrittura, leggere, analizzare gli autori più apprezzati e capire perché lo siano, e intanto maturare uno stile proprio. Ma tutto questo non si ottiene semplicemente pagando, purtroppo.

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. come il prolificarsi delle “accompagnatrici”, che servono solo a dimostrare di avere la possibilità di conquistare qualsiasi donna, allo stesso modo l'editoria a pagamento da la sensazione di poter essere tutti scrittori. l'aumento dei mezzi di comunicazione, la possibilità per tutti di scrivere, tenere un blog, o fare il filosofo sui social network (scopiazzando qua e là, e ribattendo le notizie più di tendenza e magari mettendo qualche critica, giusto per attirare i fan e fare quelle sterili “liti digitali” che non danno niente ma fanno tanto clamore), fa credere a un sacco di gente che sia facile scrivere, che tanto “che ci vuole?”…come per la scrittura vale per la fotografia, la pittura o l'arte in generale…ormai tutti possono tutto, ma solo alcuni lo sanno fare!

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  2. Carlo ha detto:

    Effettivamente, sembra che ormai ci sia una sorta di “diritto alla pubblicazione”, o almeno questo è ciò che pensano molti. In realtà la pubblicazione dovrebbe essere legata innanzitutto alla qualità, ad avere qualcosa da dire, una bella storia da raccontare. Ciao e grazie per il contributo

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  3. Simone ha detto:

    Sempre interessante quello che scrivi nei tuoi post! Per quanto mi riguarda penso che nell'editoria ci sia stato un vero e proprio “avvelenamento” da prodotto commerciale. Vero è che i tempi cambiano e con l'avvento dei social network siamo un po' tutti dei veri o presunti protagonisti della scena. Individualismo e super-ego hanno portato la società ad un cambiamento totale dei valori. Una cosa non riesco a capire: come è possibile che si legga sempre di meno ma chiunque sembra voler diventare scrittore e vedere il proprio lavoro pubblicato? Non sembra una contraddizione? Eppure sembrerebbe proprio così, mi sbaglio? Che gli scrittori veri si siano ridotti a ghost-writers di personaggi con un marketing più aggressivo e vincente?
    Per quanto riguarda il self-publishing, io lo vedo come rimedio nel farsi strada nella jungla degli scrittori esordienti. Amazon ha in qualche modo “lanciato” molti esordienti che grazie alla voce del popolo ( e dei loro acquisti) hanno potuto rendersi “visibili” alle case editrici. Un discorso molto lungo e con molti esempi al seguito.

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  4. Carlo ha detto:

    Grazie 🙂 Effettivamente, sembra che per molti per essere scrittori sia sufficiente un computer e non importa se non si legge nemmeno un libro all'anno, mentre la scrittura per quanto mi riguarda nasce dall'amore per la letteratura, innanzitutto (e quindi anche per la lettura). Mi sembrano due cose imprescindibili. Ciao!

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