Perché scriviamo

Perché si scrive? Che cosa porta a tornare a casa in fretta dal lavoro, e a curvare la schiena su una tastiera mentre fuori arriva la notte, e sorge la luna, e noi lì, un giorno dopo l’altro, e non importa se magari sia sabato, o domenica, o forse Natale? Che cosa spinge a chiudersi tra quattro mura, la lampada fioca, un po’ di musica a basso volume come compagna, lottando con le parole che non vogliono venire fuori, e noi che ce le strappiamo fuori a forza, seguire i pensieri, descrivere il tumulto che c’è dentro di noi in modo chiaro, preciso, che ci piaccia, invece di andar fuori, correre, urlare al cielo e alla gente, abbracciare e bere, cantare e saltare?
È un mistero. Personalmente, la definisco una forma di masochismo, una sorta di malattia mentale, una deviazione della psiche. Perché tutto concorre a dire che stiamo sbagliando, che siamo folli e anche un poco autodistruttivi, a buttare il tempo così, e noi invece sempre lì, imperterriti, a discettare con noi stessi su una virgola o su un verbo, a capire come diavolo facesse Carver, o Yates, o Calvino, a scrivere così.
Certo, c’è chi scrive perché spera, prima o poi, di camparci; ma di questi non voglio parlare. Non è quel genere di malattia mentale, che intendo. Preferisco parlare di coloro che sentono, e lo sentono intimamente, che solo attraverso la scrittura la loro vita possa in un modo o nell’altro acquistare peso, interesse, spessore, significato.
Primo assioma di Carlo: se scrivi è perché ami la letteratura. Ciò significa che leggi molto, anche. Altrimenti, se scrivi e basta, non riesco proprio a catalogarti, ti metterei piuttosto nella prima categoria (vedi sopra).
E quindi? E quindi, se ami la letteratura ami la parola scritta, il rapporto che riesce a instaurare con i pensieri e le emozioni, e il rapporto che i pensieri e le emozioni riescono a instaurare con la scrittura. Se ami la letteratura, ti emozioni davanti a un aggettivo perfetto, a una pennellata di parole semplice e compiuta, a un periodo completo e non migliorabile, dato il contesto e la storia, e poco importa se l’abbia scritto tu oppure no, ti emozioni e basta.
Secondo assioma di Carlo: se ami davvero la scrittura, allora impregna tutta la tua vita. In altre parole, non c’è momento della giornata nel quale i tuoi sensi non siano lì, pronti a cogliere sfumature, frasi, situazione e a pensare come potresti renderli in un racconto, o nel romanzo che stai scrivendo; o a pensare al romanzo che hai letto la notte prima. E ti sorprenderai cento volte a osservare la gente, a memorizzare le situazioni, a costruire intorno a una parola rubata per caso interi periodi. Perché la scrittura è parente stretto del vivere.
Terzo assioma di Carlo: se non scrivi stai male. Prova, tu che ami la scrittura, a saltare un giorno o due il tuo appuntamento fisso con il cilicio delle parole, prova: e dimmi come ti senti. Dimmi se rimani indifferente, o se ti senti in colpa, svuotato, se non ti sembra di vivere una vita a mezzo servizio, se non hai la sensazione di vivacchiare, al più, perché se ti limiti a respirare, assicurarti che il cuore mandi in giro il sangue, mangiare, spostarti in ufficio e poi tornare a casa, questo per te non è sicuramente vivere.
Però, se siamo tutti d’accordo che la scrittura per chi la ama veramente sia una sofferenza, una condanna, una frusta, un cilicio, appunto, se è vero che è aberrante, alienante, affaticante, assurdamente ferente, è altrettanto vero che, sì, è proprio, e oltre ogni dubbio, per chi ci si trova, il modo più gioioso di soffrire. E di vivere.

4 commenti Aggiungi il tuo

  1. Romina Tamerici ha detto:

    Non posso che sottoscrivere tutti i tuoi ragionamenti. Scrivere è una necessità e i tuoi assiomi sembrano descriverne a pieno le ragioni. Il secondo assioma poi a volte è un dono e a volte una maledizione: ultimamente ogni libro che leggo mi sembra pieno di imperfezioni, ogni frase che ascolto necessiterebbe una correzione… più gli standard si alzano più è difficile anche riuscire a scrivere qualcosa all'altezza dei nostri stessi canoni! Un bel post!

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  2. Carlo ha detto:

    Grazie, anch'io mi ritrovo molto in ciò che dici… e credo che veramente ognuno di noi sia il giudice più severo di sè stesso

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  3. Cinzia ha detto:

    Un modo gioioso di soffrire che vi invidio molto, Carlo e Romina, perché dev'essere bellissimo trovare le parole – anche a costo di una fatica grandissima – per rivelare ciò che si ha dentro e, in questo modo, non esserne sopraffatti.

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  4. Carlo ha detto:

    Grazie Cinzia per le belle parole… Effettivamente almeno per me scrivere è un modo per gestire le emozioni, le gioie, le paure, addomesticandole. Grazie per il commento, e torna presto a trovarci 🙂

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